"Per anni ho svolto la professione di giornalista scrivendo per alcune riviste, ma non sono mai riuscito a trattare queste tematiche nel corso del mio lavoro. Lo sport, o certi sport in particolare, trovo siano ancora molto intrisi di machismo, l'atleta per essere tale deve essere forte, dunque maschio. Questa constatazione, unita alla curiosità di indagare un po` nel rapporto tra l'allenatore e i suoi giocatori, ha scatenato la mia voglia di cimentarmi con questo romanzo che oscilla tra realtà e finzione."
Ecco, la realtà è quella dei riferimenti autobiografici di Bignasca, a partire dal cognome dell'arbitro, Barbuti, che è il cognome di famiglia della mamma. Poi ci sono riferimenti alla falegnameria del padre, alla professione di architetto esercitata dal fratello, e al tessuto sociale, che è quello di Biasca.
> Leggi l'articolo
